
La nave poi non l'abbiamo presa, per un pelo. Siamo rimasti sull'isola grande, in grande numero. Così il ritorno in nave me lo sono inventato e ho messo la testa, inventata anche quella, dentro la nuvola di fumo denso dove si impastano le voci dei passeggeri. In questo modo sono tornate alla mente tutte le facce, i paesi, gli incroci sbagliati e le notti perfette. Primi i miei compagni di tenda, Alessia e Kamran, abbiamo mischiato sogni in poco spazio e la mattina mi era difficile ricordare quali fossero i miei e quali quelli degli altri. Poi il mare sempre da un lato, che fosse partenza o arrivo, che fosse strada chiusa o senza fine. Giancarlo che ha incontrato Tabata, Enzo e la sua casa tra gli ulivi e le marionette, Andrea e la sua donna irlandese che ha cantato e improvvisamente il mare si è calmato. Il vento di sale, Eva e Rosa Maria incrociate all'estremità del mare, loro portavano parole nuove e un accento bello tra i sorrisi ed è stato difficile salutarle la notte stessa. Poi la ripartenza, fino alla grande isola che ci ha inghiottiti, la mostra curata da Massimo di Kamran, Sepideh, Nathalie, Sabine, René, Rosario, Vincenzo e Giovanni, e poi Giampaolo e Gianfranco, e chilometri, chilometri, chilometri... fino all'ultima sosta onirica di metà ritorno, dove una fiumana di persone ci ha salutati in processione. Abbiamo ficcato le teste fuori dai finestrini, girato il timone, e siamo ripartiti.