Saturday, September 30, 2006

1.34

Wednesday, September 27, 2006

big frog

C’era un alimentari dove da bambino tuffavo la mano nel sacco dei fagioli. Spiavo i surgelati nel cassone bianco, in punta di piedi. Quando uscivo stavo attento ad attraversare la strada, guardavo a destra, guardavo a sinistra. Avevo le guance rosse, correvo urlando, avevo i polmoni pieni d’aria e sempre i capelli cortissimi. Rubavo i fichi e una volta mi hanno sparato il sale grosso nelle chiappe. Ho pianto col viso in fiamme. Col viso e col culo in fiamme. Poi il sollievo dopo il pianto, l’erba secca che graffia le caviglie, le more, le spine dei rovi, le ginocchia sbucciate, gli spari dei cacciatori, il fiatone e il sole forte.

Pomeriggi interminabili, sangue al naso, formicai e rospi negli stagni, lucertole sui muri giusto il tempo di vederle.
Notti che-è-già-notte-e-non-te-ne-accorgi dormite profondamente.

Saturday, September 23, 2006

Leggermente


Ho un nome strano
per chiamare il gatto

e un numero al volo
nella tasca della giacca

ho una sirena nella vasca
che tengo nascosta

ho un disco che salta
continuamente

ho aperto il cassetto
e il mio sogno non c'era

c'era una foto di nostalgia
ho chiamato il numero al volo.

Ho le righe blu del divano
per le tue lacrime da mettere in fila

sono due isole
le tue lenti nel lavandino

il mio fazzoletto
è una vecchia cartolina

hai bagnato la parte del mare
e hai chinato il capo
leggermente

Thursday, September 21, 2006

pensieri confusi in autobus

In autobus gli studenti
leggono i classici stranieri
e ogni parola è un salto nel vuoto.

L'operaio dorme con la testa di lato
ogni volta che si sveglia
il paesaggio è cambiato.

Se non ci fossero i piccioni
le statue di questa città
sarebbero immobili

Se non ci fossero i flash
i miei occhi nelle foto
sarebbero blu.

Wednesday, September 13, 2006

Kim ki-Duk o kebab?


per chi volesse approfondire:

Kim ki-Duk

kebab

Monday, September 11, 2006

Traslocando


Chiudo il portone e il tonfo rimbomba nel silenzio del palazzo. Trasporto le ultime due borse pesanti lungo la via, fino all’automobile. Davanti alla grande pizzeria dei turisti vedo un little tony giapponese piuttosto buzzurro che inveisce con parole secche contro una donna più giovane di lui.
Lei sta immobile mentre il tizio alza improvvisamente un braccio con un movimento brusco, tagliando l'aria. Lascio andare le borse e mi avvicino preoccupato alla coppia. Gli occhi di lei sono d'acqua e mi chiedono aiuto. Il giapponese col ciuffo cotonato si gira verso di me, sempre col braccio alzato, ringhiando come un bulldog. Non sono buono a menare le mani e sinceramente non ne ho proprio voglia. Mi aspetto il suo manrovescio e sono già pronto a riceverlo. La ragazza fugge dentro la pizzeria gigante e il bulldog giapponese abbassa il braccio lentamente guardandomi come se fossi una caccola. Effettivamente non sono un belvedere: pallido e sudato, spettinato e ancora col fiatone per via delle scale salite e scese ripetutamente con le borse pesanti.
La sera, a letto, mi torna in mente la scena. Ripenso alla giovane donna e spero per lei che tutto si sia risolto per il meglio. Poi vado oltre e mi disegno in testa anche un lieto fine: per fuggire dall'orco brutto e cattivo la principessa orientale si rifugia nella cucina della grande pizzeria dove incontra un pizzaiolo indiano di cui si innamora perdutamente. Sogno anche di rincontrarla dopo qualche anno: mi ringrazia, giurandomi di non essersi mai dimenticata di me. Poi mi presenta i due bambini che la accompagnano. Il maschio porta il mio nome…
Mi sveglia la suoneria del telefonino. È un messaggio di Alessia, direttamente da Restau, nel sud della Francia. Mi dice che il clima è caldo e sente i grilli dalla finestra. Domani inizia la vendemmia. Sono in aperta campagna, mi scrive, ed è bellissimo.
Mi stendo nuovamente. Sorrido e chiudo gli occhi. Faccio a memoria tutto il corridoio, fuori dalla mia stanza, esco di casa e immagino tutta la strada illuminata dalla luna, supero i muri sbrecciati, i muri di pietre, le file di case, supero i rumori delle auto, abbandono la strada e attraverso i campi. Mi fermo e li ascolto: sono i grilli. Sono un'orchestra e stanotte cantano in francese.
Sono in aperta campagna.